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mercoledì 22 marzo 2017

Tredici di Jay Asher, recensione.

Buonsera crazy.
Oggi per la rubrica non solo romance parliamo di Tredici di Jay Asher, un romanzo da cui è tratta una serie televisiva destinata a grande scalpore, visti gli scottanti temi trattati. Pubblicato per la prima volta nel 2007, è un romanzo psicologico che in Italia è stato tradotto dalla Mondadori ormai otto anni fa e che ritorna ora libreria con una nuova veste grafica ispirata alla serie televisiva. La protagonista è Hannah, un'adolescente suicida che lascia un testamento accusatorio alle tredici persone che, senza saperlo, sono state corresponsabili della sua fine.

Un incontro all'improvviso Titolo: Tredici
Autore:
Jay Asher
Serie: autoconclusivo
Editore:
Mondadori
Data: 29 gennaio 2013
Genere: young adut
Categoria: psico - thriller
Narrazione: prima persona, pov alternato
Finale: no cliffhanger

DA QUESTO ROMANZO LA SERIE ORIGINALE NETFLIX  in onda dal 31 marzo 2017
"Ciao a tutti. Spero per voi che siate pronti, perché sto per raccontarvi la storia della mia vita. O meglio, come mai è finita. E se state ascoltando queste cassette è perché voi siete una delle ragioni. Non vi dirò quale nastro vi chiamerà in causa. Ma non preoccupatevi, se avete ricevuto questo bel pacco regalo, prima o poi il vostro nome salterà fuori... Ve lo prometto."
Quando Clay Jensen ascolta il primo dei nastri che qualcuno ha lasciato per lui davanti alla porta di casa non può credere alle sue orecchie. La voce che gli sta parlando appartiene a Hannah, la ragazza di cui è innamorato dalla prima liceo, la stessa che si è suicidata soltanto un paio di settimane prima. Clay è sconvolto, da un lato non vorrebbe avere nulla a che fare con quei nastri. Hannah è morta, e i suoi segreti dovrebbero essere sepolti con lei. Ma dall'altro il desiderio di scoprire quale ruolo ha avuto lui nella vicenda è troppo forte. Per tutta la notte, quindi, guidato dalla voce della ragazza, Clay ripercorre gli episodi che hanno segnato la sua vita e determinato, in un drammatico effetto valanga, la scelta di privarsene. Tredici motivi, tredici storie che coinvolgono Clay e alcuni dei suoi compagni di scuola e che, una volta ascoltati, sconvolgeranno per sempre le loro esistenze.
Con più di due milioni e mezzo di copie vendute soltanto negli Stati Uniti, Tredici, romanzo d'esordio di Jay Asher, è da dieci anni uno dei libri più letti dai ragazzi americani.



Raramente ho letto libri che mi hanno messo così tanto in difficoltà. Scritto benissimo, con uno stile quasi impeccabile e un modo insolito che ipnotizza il lettore, è un romanzo-denuncia.
Si passa a colpo d'occhio immediato dal punto di vista della protagonista, registrato su cassetta, al punto di vista del narratore, che è uno dei tredici personaggi, ascoltatore delle cassette e che, con pensieri e ricordi, integra e corregge i fatti narrati da Hannah.
Ma procederò per ordine, iniziando col ridefinire questo libro. Tredici non è un vero thriller, chiariamolo subito. Non c'è da scoprire nessun assassino e nessuna morte. Hannah è già morta all'inizio della narrazione, c'è piuttosto da definire un movente, una ragione, o meglio, tredici ragioni. Non è un romance, perché non c'è nessuna storia d'amore, nessun lieto fine, nessuna speranza. Lo potremmo forse definire un saggio, visto che parte da un fatto di cronaca, con fonti che sono le cassette registrate da Hannah, prima della propria morte.
A questo punto vi starete forse chiedendo se questo libro mi è piaciuto. La risposta è no, ed è un no con molte più di tredici ragioni per esserlo.
Ho iniziato questa lettura credendo si trattasse di un grido di denuncia per bullismo, con una protagonista maltrattata fisicamente o psicologicamente, o entrambe le cose, che, spinta sul baratro dal cattivo comportamento dei compagni bulli, non trova aiuto di nessun genere e decide di farla finita. Ed in effetti il libro è così, almeno all'inizio. I primi personaggi a cui sono dedicate le cassette sono dei veri e propri bulli: i bellocci approfittatori, il guardone, le finte amiche sfruttatrici. L'indignazione di chi legge cresce mentre scopre le conseguenze di quelli che, nati come scherzi,  presto travolgono la protagonista in un crescendo di incomprensioni e malintesi che sfociano nel vero atto di violenza o bullismo. Eppure mentre leggiamo impariamo anche a conoscere Clay, che sappiamo essere uno dei tredici, visto che ha ricevuto le cassette di denuncia. Clay è un animo gentile, un timido, uno che fatica a raccontare bugie a sua madre, che non può pensare senza pena alla morte della sua amica, di cui era segretamente innamorato.
Clay ascolta le cassette e ci racconta il suo vissuto di quelle situazioni, che lui conosce quasi tutte, essendo un compagno di scuola di Hannah. Leggiamo e pensiamo "ma anche Clay? Ma davvero?", increduli.
In effetti molti dei tredici sono responsabili solo perché Hannah, nella sua depressione, li vede tali. Molti di loro sono solo colpevoli di una leggerezza che fa parte dei quindici anni. La lista di Alex per esempio, è solo uno scherzo. Non lo sono però le bugie dette dietro le spalle di Hannah, tutte le cose non vere raccontate su di lei dalle due presunte amiche o le azioni mai svolte raccontate dai due maschi idioti in preda a forte attacco ormonale. Eppure nessuno di questi episodi basterebbe da solo a giustificare la depressione di Hannah.
Inoltre in tutto questo stonano anche alcune cose: un suicida è depresso, distaccato dalla realtà. Nel momento in cui prende la sua decisione non ha più alcun interesse verso i piaceri e le cose care di un tempo, e non gli interessa nemmeno cosa gli altri pensino di lui. Hannah invece perde tempo a incidere nastri su nastri nei giorni precedenti la sua morte, e non lo fa con tono compassionevole, arreso, tutt'altro.

Non datemi per scontata una seconda volta. Vi tengo d'occhio.

Ha quasi un tono da bulla lei stessa. Sa che le accuse che lascia segneranno profondamente gli accusati. E anche se molti di loro se lo meritano, non è di sicuro il comportamento che una vera ragazza depressa sceglierebbe.
E cosa dire del povero Clay colpevole solo di timidezza? Perché includerlo nei Tredici?
Un libro così deve avere un Parental Advisory grande almeno quanto il titolo, in copertina.
Che a nessun adolescente che legge venga in mente che possa succedere così e che se succede non si possa fare niente. Perché arrendersi così è inaccettabile. Impossibile non trovare un appiglio, una sola cosa bella che compensi almeno parte delle difficoltà ingigantite dalle emozioni travolgenti di una ragazza fragile. Impossibile non trovare un adulto disposto ad ascoltare. E non parlo di un biglietto anonimo che proponga alla classe l'argomento "suicidio", ma un vero e proprio colloquio. E i genitori di Hannah? Erano davvero così presi dal loro lavoro da non essere disponibili ad ascoltare i problemi della figlia?
E i professori erano davvero tutti ottusi come Porter l'idiota, che non si sarebbe accorto neanche di un Tir che lo stesse puntando da distanza ravvicinata?
Non funziona così. Non posso accettare che un adolescente rinunci a gridare convinto che nessuno ascolterà. Vale sempre la pena di provare. Sempre.
Gridate e qualcuno certamente ascolterà.
Non mi resta che chiedervi di leggere questo libro per farvi una vostra idea, e sperare che non vi lasci lo stesso amaro che ho sentito io.

Cri




Tu avrai tutto il resto del tuo tempo per pensarci. Io solo un giorno.

Ho scelto semplicemente la strada meno dolorosa.

Non dovrei neanche essere su quelle cassette. Hannah cercava solo una scusa per uccidersi.


Se uno decide di ridicolizzare la gente deve anche assumersi la responsabilità delle reazioni altrui.

4 commenti:

  1. Ne ho sentito molto parlare di questo libro e ora a maggior ragione perchè Selena Gomez l'ha prodotto e viene fatto girare su Netflix. E' appunto un argomento delicatissimo, ma che è molto presente negli adolescenti maltrattati, bullizzati che quando sono esasperati alla massima potenza e NESSUNO gli dà voce alla loro angoscia purtroppo scelgono la via sbagliatissima. Basterebbe solo gridare appunto finchè qualcuno non ti presta attenzione e perchè la vita toglie ma dà anche e bisogna saper aspettare questa consolazione che prima o poi arriva. Tu parli che la protagonista sembra una bulla anche lei nel suo piano di voler lasciare, con la sua morte, un'accusa su queste tredici persone così da segnarli per sempre. Può succedere anche questo e ne ho testimonianza di un mio povero parente che a 22 anni si uccise per una pena d'amore con il fucile del padre dicendo - Glielo faccio vedere io a quella - Alessandro, questo il nome del mio parente, non gli hai fatto vedere niente e se non ti fossi lasciato prendere dalla rabbia col tempo ne avresti trovata un'altra meglio sicuramente....perchè c'è sempre una speranza.

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  2. Io penso che la morte di Hannah sia soltanto un escamotage per condurre la storia non significa incitare una vittima di bullismo ad arrendersi; più che altro penso che il messaggio sia più che altro che a volte non ci rendiamo conto di commettere azioni che possono ferire una persona a tal punto, e la prova sono proprio i tredici ragazzi che ignari di tutto hanno fatto soffrire la ragazza...

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  3. Sono pienamente d'accordo in tutto e per tutto quello che hai scritto.

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  4. Ciao Cri, premetto che non ho letto il libro ma ho visto la serie tv.
    Io credo che la storia sia plausibile e credibile: purtroppo non tutti hanno il coraggio di parlare (per timidezza, introversione, vergogna, umiliazione...), e se una persona è depressa (come chiaramente Hannah è) è incapace di vedere, da sola, uno spiraglio di luce. Ci sono persone che vanno tirate fuori da quel tunnel "a forza" (con l'aiuto di un professionista, e non un professore messo lì a fare quel ruolo senza la giusta preparazione), persone che piuttosto che lottare preferiscono lasciarsi andare perché svuotati e sfiniti; scelgono la via più "facile" per smettere di soffrire, sicuramente anche perché il solo pensare di affrontare la cosa richiede ulteriori sforzi ed energie.
    Non avrei voluto che Hannah si uccidesse, e da una parte sbaglia anche lei a "vendicarsi" con quelle cassette, ma sappiamo fin dall'inizio che Hannah non è perfetta: è una debole, ipersensibile, e si è suicidata; non è un eroina. Il suo comportamento spavaldo durante la registrazione è dettato dalla rabbia, ed è l'unico mezzo con cui è capace di dire agli altri cosa pensa veramente di loro: perché non ha il coraggio di farlo dal vivo o perché sa che non la prenderebbero sul serio, o perché non resterebbero ad ascoltarla fino in fondo. Del resto, non è quello che fa il compagno quando legge la sua lettera a cuore aperto? Hannah aveva lanciato dei segnali. Certo, non ha gridato o fatto gesti eclatanti per chiedere aiuto, ma chiunque dei 13 avrebbe potuto coglierli se avesse avuto la capacità di guardare oltre se stesso, e se si fosse fermato a chiederle: "come stai?" proprio come fa Clay con Jess verso il finale (ed è così che apre uno spiraglio in lei, che infatti alla fine si apre col padre).
    La difficoltà di comunicare è uno dei temi centrali di quest'opera: lo trovo realistico.

    Valentina Bellettini - Universi Incantati

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